La favola antica. Esopo e la sapienza degli schiavi

a cura di Giovanni Niccoli e Stefano Grazzini

La storia di un genere letterario «minore» che, a più di 2500 anni dalla sua fioritura, continua a inquietare la nostra coscienza etico-politica: la favola esopica come voce delle plebi antiche e demistificazione, tanto lucida quanto rassegnata, della violenza insita nella società umana.

Nata in Mesopotamia, la favola antica fiorì nel mondo greco-romano, ai margini della cultura alta delle classi superiori, come particolare genere letterario dove si depositò la visione del mondo e della vita maturata dagli schiavi attraverso i secoli.

Con i suoi messaggi asciutti, la favola esopica ci dice che sono le questioni cruciali dell’esistenza – vincere o perdere, pensare o agire al momento giusto, saper giocare di forza o d’astuzia – quelle che occupano la mente di quanti sono costretti a lavorare, ovvero dei ceti subalterni, che nelle società antiche erano prevalentemente gli schiavi.

La morale che viene fuori dalla favolistica greca e latina, quella che La Penna chiama «la sapienza degli schiavi», è dominata da un’amara rassegnazione: nel mondo degli uomini non vi è alcun intervento della divinità, e il potere è nelle mani dei più forti, dei più violenti, dei più astuti, non dei più giusti. L’astuzia, l’abilità, l’energia servono solo per sopravvivere in un mondo siffatto, ed è illusoria ogni speranza di mutarne le leggi fondamentali. La favola esopica, sebbene priva di qualunque connotato rivoluzionario, fu un passo decisivo nel distacco dalla cultura religiosa e nell’elaborazione di una cultura laica popolare.

La raccolta degli scritti di La Penna sulla tradizione esopica in Grecia e a Roma, ad opera di Giovanni Niccoli e Stefano Grazzini, conferma ancora una volta il valore dei classici come strumento per affrontare le sfide e i cambiamenti del nostro tempo.